Introduzione di Luigi Negri
Con questo scritto non intendo certamente presumere di proporre delle indicazioni definitive sulla presenza di don Giussani nella mia vita, quanto suggerire alcune considerazioni che, con il trascorrere del tempo, si sono rivelate decisive per me e per la mia storia. È difficile vincere la tristezza che viene inevitabilmente ripercorrendo, dopo anni e anni, il cammino compiuto, segnato dai volti di tanti amici e compagni di viaggio; è difficile sfuggire alla tristezza di Leopardi che gli fa dire «e par che dica che la beata gioventù vien meno» (Giacomo Leopardi, Il passero solitario). Tuttavia, non è questa tristezza che definisce ultimamente la mia memoria: il tempo che passa verifica, rende vero il tragitto compiuto. Si sviluppa, cioè, anche dentro la percezione del cammino che si fa faticoso, che tende verso il suo compimento, una letizia profonda la cui radice don Giussani mi ha ricordato migliaia di volte: «il mio cuore è lieto perché tu, Cristo, vivi» (Sal 83, 3).
Io ho conosciuto monsignor Luigi Giussani nell’ottobre del 1957, quando ho incominciato la prima liceo classico al Berchet di Milano, e sono stato con lui in rapporti di strettissima collaborazione fino a qualche anno prima della sua morte, grosso modo fino all’anno 2000. Piuttosto che ripercorrere puntualmente gli anni di questa straordinaria amicizia, ho inteso, attraverso una riformulazione molto radicale, presentare alcuni dei momenti più decisivi del nostro rapporto, attraverso i quali, oltre alla mia personale esperienza, è stato inevitabile fare riferimento alla struttura fondamentale del pensiero di Giussani insieme al suo movimento, perché il pensiero autentico è insieme struttura e movimento. Se fosse solo struttura diventerebbe ideologia, mentre se fosse solo movimento, si ridurrebbe a quel prassismo che ha riempito di illusioni e di delusioni la storia della nostra cultura occidentale.
Quindi seguiranno, oltre al riferimento ad alcune importanti vicende storiche che hanno segnato la storia del Movimento di Comunione e Liberazione, aneddoti personali e riflessioni di carattere culturale e teologico, in un quadro nel quale questa struttura e questo dinamismo di pensiero e di vita sono profondamente intrecciati, così come lo sono stati sempre nella mia esperienza.
Mi soffermerò soprattutto sugli anni degli inizi perché lì si sono poste le basi di ciò che si è svolto in seguito, secondo il susseguirsi di incontri e avvenimenti che certamente non erano neanche lontanamente immaginabili allora.
Inoltre nella seconda parte di questo volume ho ritenuto utile raccogliere e pubblicare quasi tutte le mie omelie tenute in occasione degli anniversari della morte di don Giussani. Reputo, infatti, che possano essere un importante aiuto alla piena comprensione del significato di questo libro. Non tanto perché integrino la prima parte del presente lavoro dal punto di vista dei contenuti, sebbene ci siano passaggi di tali prediche che ne riprendono alcuni aspetti decisivi, anche con riferimenti a fatti e a particolari non considerati nei capitoli precedenti. Il principale contributo è, invece, quello di favorire una più chiara immagine della testimonianza di Giussani, della sua dedizione totale al mistero e al cammino della Chiesa; e, allo stesso tempo, di promuovere la piena coscienza del forte senso di appartenenza sviluppatosi, attraverso di lui, nel popolo cristiano radunato intorno a lui dallo Spirito Santo.
Attraverso queste omelie emerge anche la fedeltà con la quale, lungo il corso degli anni che si sono susseguiti, nelle diverse circostanze nelle quali mi sono trovato – prima come Vescovo di San Marino-Montefeltro, poi come Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, infinte come Arcivescovo Emerito –, ho sempre cercato di vivere, in modo non formale, la ricorrenza dell’anniversario della morte di Giussani. Un momento sentito e partecipato in modo molto intenso, non solo dal popolo di Comunione e Liberazione, ma da tutti coloro che hanno riconosciuto nella sua figura un’espressione di vera e autentica fede cristiana. In questa fedeltà ho visto crescere, anno dopo anno, la gratitudine per la storia originatasi dal suo carisma nelle aule del liceo Berchet: inizialmente pochi studenti che, nel tempo, sono diventati un flusso crescente di uomini e donne, affascinati e afferrati da Cristo. Solo a causa di motivi di forza maggiore, come nel caso del primo anniversario, ho mancato questo appuntamento, senza però rinunciare a fare pervenire la mia voce attraverso un messaggio, anch’esso riportato nelle pagine che seguono.
La Provvidenza ha disposto che alcune di queste celebrazioni siano avvenute in un luogo particolarmente significativo per la storia del Movimento di Comunione e Liberazione, San Leo, territorio appartenente alla mia prima diocesi. Decine di migliaia di giovani sono passate da lì, nella sequela di don Giussani, perché egli ha guidato, per innumerevoli volte, la Via Crucis durante la Settimana Santa proprio in questa località. E, anche quando non era più lui a guidarla, altre moltitudini di ragazzi hanno continuato a recarvisi per lo stesso motivo. Per questo, nel marzo del 2013, già chiamato a trasferirmi nella seconda diocesi affidatami, ho voluto che fosse posto a memoria della sua figura, nel portico della Chiesa di Sant’Igne, un bassorilievo, non a caso scelto come immagine di copertina di questo volume. In occasione dell’inaugurazione di questo bassorilievo, avvenuta quando si celebrava l’ottavo centenario del primo passaggio di san Francesco in quegli stessi luoghi, pronunciai parole che ritengo valga la pena riportare qui:
«La valorizzazione, da parte di Giussani, delle bellezze storiche, artistiche e religiose di San Leo, documenta la sua genialità educativa. Don Giussani sapeva utilizzare tutti gli aspetti della realtà – arte, cultura, panorami, ambienti, letteratura – come strumenti per l’educazione alla fede.
Sapeva parlare in modo convincete di Dio ovunque. Come san Francesco ha saputo richiamare i giovani del suo tempo alla fede e a scoprire in essa la perfetta letizia, così don Giussani ha saputo evocare la fede a numerose generazioni di giovani, a partire dalla mia e poi molte altre a seguire. Don Giussani è stato generatore di un popolo, un educatore a tutto tondo capace di utilizzare circostanze privilegiate. Da lui è nata una storia umana che ha trovato in questi luoghi un suo àmbito. Il bassorilievo è la testimonianza resa da un discepolo a questa genialità educativa, un tributo di grazia reso di fronte alla Chiesa e alla società».
Questa stessa gratitudine, commossa e lieta, traspare in ciascuna delle dieci omelie scelte e qui pubblicate.
Riprenderle, a distanza di tempo, mi ha aiutato – e spero possa aiutare chi le leggerà – a rendermi ancora più conto di quanto quella di don Giussani sia una memoria viva: un momento che, come può accadere a tutte le ricorrenze, avrebbe potuto diventare ripetitivo e retorico, si è invece continuamente arricchito, riuscendo a rinnovare l’esperienza della fede, fatta con lui e grazie a lui, secondo prospettive sempre nuove, capaci di illuminare le circostanze nelle quali, di volta in volta, è stata fatta memoria di questo grande cristiano, permettendoci così di sperimentare la sua presenza e la sua intercessione presso il Signore nella grande e misteriosa comunione dei santi.
Infine, a conclusione del libro, ho voluto che fosse posta una duplice appendice: l’omelia dell’allora cardinale Joseph Ratzinger ai suoi funerali e il breve messaggio di auguri che lo stesso don Giussani mi inviò in occasione dei miei sessant’anni.
Nelle parole del futuro papa Benedetto XVI, si può ritrovare una formulazione sintetica, ma profondissima, di alcuni dei più importanti nodi cruciali dell’esistenza di Giussani, insieme alla sincera stima e al profondo affetto mostrati dal Papa Emerito nei suoi confronti. Reputo tale testo un contributo particolarmente illuminante sulla vita e, soprattutto, sulla fede di Giussani.
Per quanto riguarda invece il messaggio di auguri, le parole presenti in esso mi sembrano il modo migliore per chiudere questo libro, lasciando allo stesso don Gius il compito di riaffermare la profonda radicalità della nostra amicizia in Cristo.