Presentazione del card. Giacomo Biffi
In queste pagine è raccolto il magistero episcopale di un anno: il primo anno di governo pastorale di Mons. Luigi Negri.
Le pagine sono poche, ma il contenuto è vastissimo; potremo dire addirittura: è universale e totalizzante. Tanto che la prima domanda che si è affacciata al mio spirito (sempre un po’ impertinente) è stata: ma che cosa dirà negli anni che felicemente seguiranno? Anche la risposta però è stata immediata: dirà le stesse cose, la stessa “unica cosa” (l’unicum necessarium di cui parlava Gesù a Maria di Betania). Monsignor Negri sa bene che i discorsi mondani hanno la necessità spasmodica di trovare argomenti sempre diversi, mentre il discorso autenticamente evangelico non consente mutamenti: va continuamente approfondito e pazientemente assimilato, restando sempre lo stesso e sempre nuovo.
La Chiesa di San Marino-Montefeltro è eccezionale: nel suo abbraccio materno trova posto, oltre all’ammirevole gente “feretrana”, persino un’intera repubblica, sicché in quella diocesi il tema e il problema dei rapporti fra Stato e Chiesa è il più ravvicinato che si possa pensare e necessariamente quasi quotidiano.
Ma anche il nuovo vescovo è eccezionale. Don Luigi (mi permetto di chiamarlo così in virtù della nostra antica amicizia) ha speso un’intera esistenza non solo a studiare e a valutare tutta la produzione filosofica e teologica del nostro tempo, ma anche si è appassionatamente impegnato a non restare prigioniero di una ricerca puramente intellettuale: anno dopo anno si è confrontato con la concretezza umana di quanti gli avveniva d’incontrare. E molti nostri contemporanei, e specialmente i giovani, hanno trovato in lui un punto di riferimento sicuro, fraternamente partecipe, caldo e al tempo stesso razionalmente fondato.
Non mi avventuro certo a esporre il ricchissimo pensiero che qui è espresso. Vorrei però indicare alcune “terne” di nomi, che possano eventualmente aiutare qualcuno a capire meglio.
La prima è: verità, vita nuova, esperienza integralmente umana. Il rapporto fondamentale dell’uomo è proprio con la verità, ma non con la verità raggiunta con un assenso puramente “nozionale”, bensì con un assenso “reale” (per servirmi della celebre distinzione di John Henri Newman). La verità nel suo senso più intenso non è altra cosa dalla realtà. E “più vero” ciò che è “più reale”: perciò la verità somma è Dio, e poi è Cristo, e poi è la Chiesa, perché sono i “luoghi” dove l’essere si afferma più fortemente e più sostanzialmente. Ma a questa “verità”, che è intrinsecamente “vita”, non si arriva percorrendo solo la strada dell’indagine intellettuale o (tanto meno) quella della “dialettica”. Si arriva facendo l’esperienza di ciò che noi effettivamente siamo, e avvalorando in noi l’aspirazione a ciò che siamo chiamati a essere.
La seconda terna è: fede, cultura, identità. La fede è guardare noi stessi e l’intero universo con gli occhi di Cristo; ed è uno sguardo che necessariamente diventa prospettiva su tutti i campi dell’esistere: deve cioè farsi “cultura”. Solo una comunità cristiana che è capace di far nascere dal suo atto di fede una cultura omogenea e tipica, può salvare la sua identità.
La terza terna è: Chiesa, comunione, missione. L’appartenenza ecclesiale non è come un’appartenenza a un club o a un partito: coinvolge l’uomo intero. E una “comunione” di persone, che arrivano a essere “un cuor solo e un’anima sola”. Di qui scaturisce fatalmente l’impulso alla “missione”: non ci si può rassegnare che gli “altri” restino estranei a questa comunione e non percepiscano la fortuna e la gioia di essere Chiesa; la fortuna e la gioia di essere cioè quello che devono essere.
Perché questa è la differenza tra la proposta educativa cristiana e le altre. Le altre cercano di apporre all’uomo qualcosa di “diverso”, qualcosa “in più”. Il cristianesimo propone all’uomo di diventare quello che è: quello che dall’eternità è stato previsto e pensato dal disegno di Dio.
Nell’immagine in evidenza particolare della copertina del libro (Piero della Francesca, Risurrezione)