Sono amico di don Luigi Negri da quasi quarant’anni. È stato mio allievo quando insegnavo religione al «Berchet» ed è stato fra i primi a coinvolgersi in quella grande avventura umana, cristiana ed ecclesiale, che è Comunione e Liberazione.
Ho amato subito in lui la forza e l’intelligenza con cui ha vissuto ed esplicitato quello che in un mio libro ho definito «la dignità culturale della compagnia di Cristo» (Alla ricerca del volto umano, Rizzoli, p. 71).
L’incontro con Cristo infatti, nell’appartenenza alla vita della comunità ecclesiale, diviene criterio adeguato e definito di giudizio e motivazione per un’azione pienamente umana.
Ricordo che studente universitario – con un gruppo di amici – pubblicò un libretto che operava una “revisione” dal punto di vista cristiano della questione di Galileo, che anticipava le conclusioni cui è giunta, qualche anno fa, la commissione insediata da Giovanni Paolo II.
Quando insegnavo Introduzione alla Teologia in Università Cattolica, don Negri mi ha aiutato a comprendere, in modo organico e sistematico, il magistero di Giovanni Paolo II, soprattutto sul problema della cultura e della dottrina sociale della Chiesa.
Così l’ho incoraggiato nelle iniziative di revisione della storia della Chiesa, e proprio su quelle questioni che da sempre la mentalità laicista ha usato ideologicamente per combattere la Chiesa e la sua presenza nel mondo.