Fede e cultura nel pensiero di Mons. Luigi Negri (intervento di mons. Corrado Sanguineti)


“L’homme passe infiniment l’homme”, come ha intuito Blaise Pascal. Ed è una bella coincidenza che l’incontro di questa sera avvenga a pochi giorni dalla pubblicazione della lettera apostolica di Papa Francesco Sublimitas et miseria hominis (19 giugno 2023), dedicata al centenario della nascita di Blaise Pascal (19 giugno 1623)

Pubblichiamo il testo di mons. Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia, intervenuto all’incontro Fede e cultura: una sfida alla ragione. L’importante contributo di mons. Luigi Negri

Ringrazio il Presidente dell’Associazione Fortitudo mea, Giulio Luporini, per l’invito a partecipare a questa conversazione a due voci sul pensiero di Mons. Luigi Negri, vescovo emerito di San Marino e di Ferrara, venuto a mancare il 31 dicembre 2021, esattamente un anno prima della morte di Benedetto XVI, figura che ha accompagnato sempre la riflessione di Mons. Negri, che si è nutrito ampiamente del grande contributo teologico e magisteriale di Joseph Ratzinger.
Sono qui anche per un debito di gratitudine verso la persona di Don Luigi Negri: permettete che lo chiami così, perché così l’ho conosciuto, più di quarant’anni fa, quando negli anni del mio liceo a Chiavari, ho iniziato a vivere l’esperienza di Gioventù Studentesca (G.S.) proprio nel periodo in cui Don Negri era il responsabile nazionale del CLE (Comunione Liberazione Educatori) e della realtà, molto viva, di G.S. diffusa in tante scuole italiane.
I miei primi passi nel cammino del movimento, l’incontro con l’avvenimento cristiano, percepito in modo concreto e persuasivo, affettivamente intenso e costruttivo, culturalmente dignitoso, la scoperta del grande magistero e della testimonianza del Papa di allora, San Giovanni Paolo II, determinante per il sorgere della mia vocazione sacerdotale, tutto questo è avvenuto anche grazie alla persona e alla parola di Don Negri, durante le “tre giorni” del Triduo Pasquale, guidate da lui, in incontri che lui stesso veniva a tenere a Chiavari, alla comunità del movimento, a noi “giessini”, nell’amicizia nata tra Don Luigi e una mia sorella, di cui ebbe a benedire le nozze.

Fede e cultura in Luigi Negri di Corrado SanguinetiIl tema della nostra serata è immenso, perché certamente il rapporto tra fede e cultura è stato il cuore della vita e della riflessione di Mons. Negri, ha caratterizzato la sua opera di educatore e di studioso, il suo interesse e le sue numerose pubblicazioni su momenti della storia della Chiesa e su passaggi culturali decisivi per la missione della Chiesa e per la formazione del pensiero moderno e contemporaneo. È nota la dialettica vivace con cui questi temi erano da lui affrontati, senza sottrarsi al confronto con posizioni differenti e alternative, senza rinunciare al gusto della “polemica” non fine a se stessa, ma come espressione di una fede che non ha complessi d’inferiorità verso altre culture e ideologie, non accetta di conformarsi al pensiero dominante, e tende a dare ragione di sé. In Don Negri si percepiva nel modo stesso di scrivere e di parlare, d’entrare in rapporto con i suoi interlocutori, il pathos di un uomo innamorato di Cristo, certo della verità incontrata e vissuta nell’esperienza della fede, dentro un popolo, dentro una storia, con le sue luci e le sue ombre, eppure una storia benedetta da Dio, piena di frutti di bellezza, di cultura, di carità e di santità, una storia di cui non vergognarsi. Per lui, fin dagli anni del suo liceo classico, il Berchet di Milano, nell’incontro con Don Luigi Giussani e nel coinvolgimento nella nascita di quel movimento di studenti che fu Gioventù Studentesca – una novità assoluta nel panorama ecclesiale a cavallo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta del secolo scorso – fu chiaro che la fede cristiana, riscoperta come esperienza presente di Cristo e come risposta esauriente alle domande ultime del cuore, al senso religioso, aveva una dignità culturale, nel senso non accademico che il giovane Luigi Negri cominciava a scoprire, ascoltando Don Giussani, partecipando alla vita di G.S. Fin dai primi anni, Don Giussani chiedeva ai suoi ragazzi di vivere un esaltante paragone di tutto che studiavano e leggevano, di tutte le proposte ideali e culturali veicolate nella scuola e nella società, con la loro esperienza elementare, il cuore, quel tessuto di esigenze e di evidenze originali che sono il volto interiore della persona, e con la fede cristiana, percepita come l’ipotesi risolutiva del dramma umano. Un’ipotesi che mostrava la sua verità proprio nella sua capacità di leggere totalmente l’umano, di valorizzare fino in fondo ogni aspetto dell’umana esistenza, di risultare veramente adeguata e pertinente alla vita, alle esigenze ultime di ogni uomo.

Per questo motivo, da subito, i primi giessini, sollecitati e sospinti da Don Giussani, iniziarono a fare un lavoro culturale, inteso in questo senso, gettandosi nell’agone della scuola, entrando in rapporto, grazie al loro maestro, con personalità affascinanti della cultura, dell’arte, senza paura. Nacquero così “le schede di revisione” di contenuti scolastici, soprattutto in campo storico e filosofico, per esercitare un sano sguardo critico su luoghi comuni, su “leggende nere” o su pregiudizi diffusi circa l’epoca medioevale, episodi e aspetti della storia della Chiesa, la pretesa opposizione tra fede e scienza nella modernità, fino a rivisitare coraggiosamente il “caso Galileo”.
Ecco Don Negri ha imparato in quegli anni il gusto di una fede che si fa cultura, cioè «coscienza critica e sistematica di un’esperienza» – l’esperienza cristiana come avvenimento di un popolo nella storia – che non teme il confronto, tutta tesa a cogliere e a valorizzare gli aspetti di verità, di bontà e di bellezza presenti in ogni posizione umana, secondo una concezione realmente “ecumenica”, senza decadere in forme d’irenismo, di dialogo a ogni costo, di cedimento alla mentalità dominante e apparentemente vincente (Cfr. LUIGI NEGRI, Fede e cultura. Scritti scelti, Jaca Book, Milano 2003).

Mons. Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia

Mons. Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia

Senza l’incontro con il carisma originale di Don Giussani, senza la partecipazione entusiasta alle origini di ciò che sarebbe diventato il movimento di Comunione e Liberazione, Luigi Negri non sarebbe stato ciò che è stato: studente, universitario, poi sacerdote, educatore di giovani generazioni e di famiglie, docente universitario, fecondo saggista e polemista, quindi vescovo e pastore, sempre animato dalla passione di rendere ragione della fede cristiana e di sostenere e difendere la dignità culturale dell’esperienza cristiana, come espressione di un popolo, di una tradizione vivente, capace di costruire forme nuove di vita, anche a livello sociale, generatrice instancabile di opere di cultura, di carità e di missione, con un orizzonte grande come il mondo. Potremmo dire che, immedesimandosi con il temperamento e la proposta educativa del suo insegnante di religione, diventato poi amico e padre nel cammino della vita, il nostro Don Negri ha messo in gioco la sua intelligenza, la sua affezione, la sua passione per dare carne all’invito che già San Pietro rivolgeva ai primi cristiani: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» 1Pt 3,15). Se andiamo al testo greco incontriamo la parola apologhía e in modo letterale, dovremmo tradurre: «pronti sempre a difesa/a difendere a chi chiede a voi ragione circa la speranza che è in voi».
Ecco, il gusto dell’apologia, dell’apologetica, che Mons. Negri non ha avuto timore di offrire in molti suoi scritti e contributi, è il gusto di dare ragione della speranza che Cristo porta nella vita e nella storia degli uomini, una speranza che ha il volto di un popolo in cammino.
Tutto ciò appartiene all’origine dell’incontro con Don Giussani e della comunità dei primi giessini. L’ha ricordato più volte lui stesso, come nell’ultimo volume da lui pubblicato Con Giussani. La storia e il presente di un incontro (Ares 2021):

La cultura era per noi l’esperienza del cambiamento della nostra vita, perché cambiava il giudizio su di noi e sulla realtà e rendeva entusiasmanti, anche se faticosi, il dialogo e il confronto con tutte le posizioni umane e culturali. Non era neppure immaginabile per noi non sottoporre i contenuti dell’insegnamento a una revisione critica dal punto di vista della fede, in quanto avevamo la consapevolezza che la fede era in grado di leggere con una profondità nuova e definitiva ogni vicenda e ogni problema.

Non voglio essere troppo lungo, ma andrebbero riprese le pagine di Don Negri e prima ancora di Don Giussani che indicano le tre dimensioni costitutive di quello che, nel primo scritto per i giessini, Gioventù Studentesca. Riflessioni sopra un’esperienza (1959; ripubblicato come prima parte in L. Giussani, Il cammino al vero è un’esperienza, SEI, Torino, 1995) è chiamato «il richiamo cristiano». Il richiamo, noi diremmo, la proposta cristiana, per essere autentico, deve essere «integrale nelle dimensioni», e sono tre le dimensioni proprie dell’esperienza della fede: cultura, carità e cattolicità o missione.
Ed è interessante rileggere in queste pagine degli inizi di G.S. come Don Giussani parla della cultura, perché è la concezione che Don Negri farà sua e che animerà il suo lavoro, il suo studio, la sua comunicazione con scritti, interventi e mille incontri per tutta Italia, e poi la sua opera pastorale di prete e di vescovo. Permettete che rilegga con voi alcuni passaggi di queste pagine:

La cultura deve poter offrire agli uomini il significato di tutto. L’uomo veramente colto è chi è giunto a possedere il nesso che lega una cosa all’altra e tutte le cose fra di loro. “Il Verbo si è fatto carne” significa che la Razionalità che salva l’universo dall’assurdo non è un’idea astratta o un meccanismo, ma una persona: Gesù Cristo. Il richiamo cristiano si propone perciò, in questo caso, come soddisfazione totale all’esigenza di totale comprensione della realtà per cui tutta l’umana coscienza vibra (“Io sono la via, la verità, la vita”). Se la persona di Cristo dà senso ad ogni persona e ad ogni cosa, non c’è nulla al mondo e nella nostra vita che possa vivere a sé, che possa evitare di essere legato invincibilmente a Lui. Quindi la vera dimensione culturale cristiana si attua nel confronto tra la verità della sua persona e la nostra vita in tutte le sue implicazioni (Il cammino al vero è un’esperienza, 13).

Proprio la concezione non accademica e nozionistica di cultura, e insieme la coscienza chiara della dignità “culturale” della fede, come esperienza di un popolo nella storia, sono le radici della consonanza profonda tra il pensiero e la posizione di Don Luigi Negri, e del movimento di cui era espressione, come figlio e discepolo intelligente e non ripetitivo di Don Giussani, e la testimonianza e la parola di San Giovanni Paolo II. Certamente, insieme a Don Giussani, l’altra figura che ha nutrito la riflessione e l’opera di Mons. Negri, in una reciproca e feconda interazione, è stata quella del grande Papa polacco, che ha rappresentato, nei primi anni del suo pontificato, una novità, per certi aspetti dirompente, rispetto all’intellighenzia cristiana, ecclesiastica e teologica, prevalente nella Chiesa dell’Europa occidentale e delle Americhe.

Sullo sfondo di ciò che abbiamo mostrato, si comprende l’entusiasmo che suscitò in Don Negri e in Don Giussani, uno dei primi interventi del nuovo Papa «venuto da lontano», e mi riferisco al suo discorso, rivolto agli studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ateneo dove insegnavano sia Don Giussani sia Don Negri. Mi limito a un passaggio dove si avverte subito la prospettiva di Giovanni Paolo II, che, di colpo, superava tutti quei complessi d’inferiorità e quei problematicismi così diffusi nel mondo intellettuale cattolico di fine anni Settanta:

Se è vero che «l’homme passe infiniment l’homme», come ha intuito Pascal (cf. Pascal, Pensées, 434), allora bisogna dire che la persona umana non trova la piena realizzazione di se stessa che in riferimento a Colui che costituisce la ragione fondante di tutti i nostri giudizi sull’essere, sul bene, sulla verità e sulla bellezza. E siccome l’infinita trascendenza di questo Dio, che qualcuno ha indicato come il «totalmente Altro», si è avvicinata a noi in Cristo Gesù, fattosi carne per essere totalmente partecipe della nostra storia, bisogna allora concludere che la fede cristiana abilita noi credenti a interpretare, meglio di qualsiasi altro, le istanze più profonde dell’essere umano e ad indicarne con serena e tranquilla sicurezza le vie e i mezzi di un pieno appagamento» (All’Università Cattolica del Sacro Cuore, 8 dicembre 1978, 5).

Non abbiamo il tempo per percorrere i molti interventi del Santo pontefice in cui si rinviene la consonanza tra il suo modo di pensare la cultura e di articolare il rapporto essenziale tra fede e cultura, e la concezione espressa da Mons. Negri, lungo la sua appassionata opera educativa e didattica, i suoi studi e le sue pubblicazioni, il suo magistero e le sue scelte pastorali (Cfr. LUIGI NEGRI, L’uomo e la cultura nell’insegnamento di Giovanni Paolo II, Jaca Book, Milano 2003; L’insegnamento di Giovanni Paolo II, Jaca Book, Milano 2005).
Vorrei soltanto rimandare ad alcuni testi di San Giovanni Paolo II, che saranno più volte ripresi, proposti e commentati da Don Luigi Negri, e che avranno anche un’eco e un’influenza positiva nella proposta educativa del movimento di Comunione e Liberazione.

Oltre al discorso già citato a docenti e studenti della Cattolica di Milano, pellegrini dal nuovo Papa, un primo testo molto illuminante è “a braccio”: si tratta di un breve saluto che Giovanni Paolo II rivolse a un gruppo di universitari romani movimento, in un’udienza molto familiare, nel gennaio 1980:

Possiamo affermare con certezza che l’identità dell’uomo non può essere scoperta nell’aspetto economico della socialità. Se vuoi scoprire l’uomo e avvicinarti alla sua identità umana, devi andare alla cultura: la cultura fa l’uomo e l’uomo fa la cultura. Questo è un riferimento fondamentale, e mi sembra che la teoria e la pratica del vostro Movimento cerchino di trovare l’uomo —che significa trovare se stesso— nella sua cultura, nelle sue radici culturali. Basta partecipare mezz’ora alle sue canzoni per percepirlo. Incontrando l’uomo – nella sua cultura e attraverso la sua cultura, si arriva all’autentica comunità umana, alla dimensione comunitaria della vita umana; le diverse comunità sono raggiunte nella loro varietà, nel loro pluralismo, e con le loro somiglianze e parallelismi allo stesso tempo. Questo breve incontro mi ha dato modo di verificare che il vostro approccio ai problemi è vicino al mio; o meglio, è lo stesso (Parole durante una serata con universitari di Comunione e Liberazione, 26 gennaio 1980).

Resta centrale il poderoso discorso di Giovanni Paolo nella sua visita all’UNESCO a Parigi nel viaggio del giugno 1980: vale la pena andare a leggerlo e vi scoprirete una concezione della cultura in senso umanistico, profondamente legata all’esperienza degli uomini e delle nazioni. Solo un passaggio:

L’uomo vive sempre secondo una cultura che gli è propria, e che, a sua volta, crea fra gli uomini un legame che pure è loro proprio, determinando il carattere inter-umano e sociale dell’esistenza umana. . L’uomo che, nel mondo visibile, è l’unico soggetto ontico della cultura, è anche il suo unico oggetto e il suo termine. La cultura è ciò per cui l’uomo in quanto uomo diventa più uomo, «è» di più, accede di più all’«essere». È qui anche che si fonda la distinzione capitale fra ciò che l’uomo è e ciò che egli ha, fra l’essere e l’avere. La cultura si situa sempre in relazione essenziale e necessaria a ciò che è l’uomo, mentre la sua relazione a ciò che egli ha, al suo «avere», è non soltanto secondaria, ma del tutto relativa (Discorso all’Assemblea dell’Unesco, 2 giugno 1980, 6.7).

La centralità della cultura, in senso umanistico, come espressione della posizione che l’uomo assume, nel legame con il suo ambiente e la sua comunità di appartenenza (famiglia, popolo, nazione, comunità cultuale e religiosa) e come identificazione di un’ipotesi totale di significato dell’esistenza, è un tratto che attraversa il magistero di Giovanni Paolo II e che trova continue corrispondenze e riprese negli scritti e negli interventi di Mons. Negri, come docente, come prete educatore e come vescovo.
Certamente un altro passaggio di grande sintonia è rappresentato dal discorso che il Papa rivolse al Meeting per l’amicizia tra i popoli, nella terza edizione, nell’agosto del 1982, che aveva come tema Le risorse dell’uomo. Sia nell’ampio intervento nel salone della Fiera, sia nelle risposte improvvisate ad alcune domande, si percepisce ancora una volta la consonanza evidente tra temi e accenti del Pontefice e la concezione propria di Don Giussani e del movimento, approfondita e ripresa da Don Negri, circa la cultura come terreno d’incontro con l’uomo e la nativa dimensione culturale dell’esperienza cristiana:

Questo valore, proprio dell’uomo, per cui ogni uomo è veramente uomo, poggia sul fondamento della cultura: è soprattutto nella cultura che si manifestano le risorse essenziali dell’uomo …
Ecco, la cultura diventa così fondamento delle capacità dell’uomo di scoprire e valorizzare tutte le risorse, quelle concesse al suo essere spirituale e quelle concesse al suo essere materiale. Purché le sappia scoprire! Purché non le distrugga! Fratelli e sorelle, pensate alla enorme responsabilità che avete nelle mani! Non sciupatela, non trascuratela! Avete bisogno di tutte le vostre forze per fare questo. Ma soprattutto avete bisogno di Colui che è la forza di Dio e dell’uomo: “Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio” (1 Cor1, 24) (Discorso al Terzo Meeting per l’amicizia tra i popoli, Rimini, 29 agosto 1982, 5).

 

Penso che il dramma fondamentale dell’uomo è di non sentire il senso della sua esistenza, di non avere il senso della sua esistenza, di vivere senza senso. Ecco come possiamo aiutare: noi molte volte ci troviamo senza possibilità, non troviamo il modo di aiutare gli altri nei diversi drammi della vita umana. Ma penso che in questo dramma che mi sembra centrale e fondamentale noi forse possiamo fare di più: possiamo cercare di dare ad un altro il senso della vita. Possiamo cercare di fare scoprire agli altri le risorse dell’uomo e così dare il senso della vita ad uno e agli altri. Io penso che questo costituisca anche il vostro apostolato: aiutare gli altri nella scoperta del senso dell’esistenza umana (Risposte alla fine del discorso al Terzo Meeting per l’amicizia tra i popoli, Rimini, 29 agosto 1982, seconda risposta).

Ultimo testo rappresentativo di questa comune visione del rapporto decisivo tra fede e cultura è un passaggio del discorso di Giovanni Paolo II al Movimento Ecclesiale d’Impegno Culturale – chiamato una volta i Laureati cattolici – del gennaio 1982:

Se, infatti, è vero che la fede non si identifica con nessuna cultura ed è indipendente rispetto a tutte le culture, non è meno vero che, proprio per questo, la fede è chiamata ad ispirare, ad impregnare ogni cultura. È tutto l’uomo, nella concretezza della sua esistenza quotidiana, che è salvato in Cristo ed è, perciò, tutto l’uomo che deve realizzarsi in Cristo. Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta (Al Congresso Nazionale del M.E.I.C., 16 gennaio 1982, 2)

Le parole del Santo Papa diventeranno un’efficace sintesi della convinzione che ha animato tutta l’opera di Mons. Negri, fin dai banchi del suo liceo, e orienteranno il cammino della Chiesa italiana, dalla metà degli anni Novanta, con la proposta del “Progetto culturale orientato in senso cristiano”, come tentativo di realizzare un dialogo e un confronto tra la concezione dell’uomo e del mondo, che nasce dalla fede, e gli orientamenti differenti della cultura contemporanea.

Si potrebbe proseguire la nostra conversazione, provando a cogliere altri filoni di pensiero che hanno alimentato la riflessione di Don Luigi Negri sulla decisiva connessione tra fede e cultura e la sua diuturna opera, nel campo della storia della Chiesa e della cultura europea, volta a mettere in luce l’apporto positivo della Chiesa per una vera civiltà umana e cristiana, che ha trovato mille espressioni nel campo della vita quotidiana, dell’arte e della letteratura, della carità e dell’educazione, della vita sociale e politica. Newman, Guardini, De Lubac, Ratzinger-Benedetto XVI sono stati maestri che hanno ispirato e ampliato l’orizzonte della ricerca e del pensiero di Mons. Negri, e con i quali egli è entrato in dialogo, con passione, intelligenza e con una ripresa creativa delle loro riflessioni e dei loro testi.
Da questo punto di vista, credo che come Associazione si apre un campo di studio, d’indagine e di divulgazione che faccia conoscere a tanti la ricchezza dell’intreccio tra uomini di Chiesa, teologi e filosofi cristiani e il pensiero di Don Negri: un incontro spesso inizialmente mediato e suggerito dall’orizzonte educativo di ampio respiro che fin dall’inizio ha caratterizzato la proposta di Don Giussani nella scuola e ai primi suoi discepoli e figli, nella nascita di GS e poi di CL.

Ed è una bella coincidenza che l’incontro di questa sera avvenga a pochi giorni dalla pubblicazione della lettera apostolica di Papa Francesco Sublimitas et miseria hominis (19 giugno 2023), dedicata al centenario della nascita di Blaise Pascal (19 giugno 1623). È un esempio del valore di una figura di scienziato e filosofo che, giunto alla fede in Cristo, ha saputo entrare in dialogo con la cultura del suo tempo, con i suoi valori e i suoi limiti, cercando di mostrare la ragionevolezza della fede come risoluzione ultima del dramma umano.
Credo che Don Negri si sarebbe entusiasmato di questo testo e l’avrebbe ripreso e rilanciato, come strumento di un confronto vivo con la cultura moderna e contemporanea, di cui siamo tutti, volenti o nolenti, figli e che ci condiziona, non poco, nella percezione dell’avvenimento cristiano.
Ecco, anche Pascal è un testimone dell’inevitabile apertura della ragione al mistero e del fecondo incontro con la fede, che non ha paura di confrontarsi con le grandi questioni dell’umano e di generare una cultura nuova, dove trova luce il mistero dell’uomo e di Dio.


Mons. Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia – Milano, 24 giugno 2023

Qui il messaggio di Davide Prosperi, Presidente della Fraternità di Comunione e liberazione