Vivere il Mistero di Cristo e annunziarlo

Pubblichiamo l’omelia del CORPUS DOMINI pronunciata da mons. Luigi Negri nella Concattedrale di Comacchio, il 7 giugno 2015. Un richiamo forte alla centralità dell’Eucarestia nella vita del cristiano e un invito a prendere sul serio «lo spaventoso bisogno di Cristo» dell’uomo. 


Sia lodato Gesù Cristo!

Il mistero della morte e della risurrezione di Gesù Cristo, la effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa che nasce come popolo del Signore, tutto questo dice il compiersi del mistero della redenzione e della salvezza dell’uomo. Noi siamo certi di partecipare in maniera definitiva al mistero che ha cambiato il cuore dell’uomo e il cuore della storia. Questa è la certezza della nostra fede che riconosce Cristo come Signore della vita e lo afferma come ragione adeguata del nostro essere, del nostro vivere, del nostro lavorare, del nostro soffrire, del nostro lottare, del nostro gioire, del nostro morire.

Ma dove e come questo evento, che si è concluso con l’Ascensione e l’effusione dello Spirito, si rende sempre di nuovo presente?

Certamente si rende presente nel mirabile sacramento dell’Eucaristia che ci rimette a contatto con la fonte, perché il mistero di Cristo è la fonte della bontà di Dio offerta agli uomini, fonte e cammino e movimento: Fons et culmen, dice il Concilio Vaticano II, ovvero fonte e svolgimento straordinario di questa potenza del Signore risorto affidata ai nostri cuori.

È necessario ritrovare l’avvenimento di Cristo nel suo evento di morte e risurrezione, non come Parola detta una volta e trascritta nella passione rigorosa e fedele dei suoi primi amici, perché la Parola scritta esprime la coscienza vera dell’evento, ma l’evento non è nella Parola.

L’evento è nell’avvenimento, perciò è necessario che ci sia nella vita della Chiesa un punto in cui l’evento del Signore, che muore e risorge, si ripropone nella sua concretezza, nella sua storicità, nella sua fisicità, nella sua carnalità, non come dottrina, non come pietà, non come moralismo, ma come un avvenimento che travolge la nostra vita, come ha travolto la vita dei primi che l’avevano seguito lungo le strade assolate dalla Galilea alla Palestina e l’avevano visto morire sul calvario rifiutato da tutti.

Ecco il sacramento dell’Eucaristia: nel pane e nel vino si rinnova la grandezza di Cristo che muore, risorge e cambia il mondo. Per questo noi ci accostiamo all’Eucaristia secondo la regola così prudentemente fissata dalla Chiesa che costituisce comunque la struttura fondamentale della vita ovvero praticare il sacramento dell’Eucaristia una volta alla settimana.

Noi ci accostiamo al mistero della morte e della risurrezione adorando il Signore presente nel pane e nel vino, e questo spalanca la nostra vita all’energia di Dio, al potere di Dio, e la nostra umanità è travolta da una forza e da una energia infinitamente superiori a tutta la presunzione di bontà che ogni tanto ci prende e, soprattutto, superiore a tutta la consapevolezza del limite che non meno realisticamente ci sorprende in altri momenti della vita.

Il Signore ci fa partecipare al mistero della sua morte e risurrezione nell’Eucaristia e quindi è da lì che dobbiamo continuamente riprendere, perché è solo lì che si rinnova la potenza del Risorto e si apre davanti alla vita di ciascuno di noi il sentiero che, percorso giorno dopo giorno, sfocia nella realtà senza tempo della presenza del Signore nella vita eterna.

Ecco fratelli l’Eucaristia è il punto reale e materiale, concreto, e la Chiesa ha più volte chiarito – nell’infuriare delle polemiche e delle eresie che periodicamente si sono riproposte lungo tutta la sua vita, infatti, non a caso periodicamente il Signore Gesù ha provocato nella vita della sua Chiesa dei grandi miracoli eucaristici come quello che ha onorato la chiesa di santa Maria in Vado di questa nostra Arcidiocesi – che dove non c’è un pane reale, di grano, e un vino reale, frutto della vite, che solo l’autorità della Chiesa consacra validamente, non c’è più incarnazione, ma essa diventa solo un residuo del passato. È un passato che il tempo inesorabilmente segna ed in qualche modo distrugge l’evento. Cristo è un evento e, come amava dire San Giovanni Paolo II, è un evento nel mistero dell’Eucaristia, cioè nell’adorazione del pane e del vino, perché adorando il pane e il vino il Signore prende di nuovo possesso della nostra vita e gli dà il fondamento giusto. Spalanca la vita all’unica grande utilità che la vita ha, ovvero portare Cristo agli uomini di questo e di ogni tempo.

C’è uno spaventoso bisogno di Cristo!

È un bisogno più radicale, più profondo e più determinante di tutti gli altri bisogni che pure si stagliano sulla vita della coscienza personale e sociale: superare la povertà, recuperare i limiti di una vera giustizia sociale, creare possibilità di pace dove da troppi secoli sembra che prevalga la legge della violenza e dell’emarginazione. Tutte queste sono esigenze giuste – e ce le possono ricordare anche le grandi personalità che in ogni tempo si fanno voce pensosa del destino dell’uomo – ma noi sappiamo che la prima grande necessità, la prima grande povertà, la prima grande e desolante solitudine, è quella di un uomo che non ha conosciuto Cristo e che non si rende conto di che cosa sia stato il suo mistero nella vita del popolo cristiano. Quando la presenza cristiana appare straordinariamente efficace, perché dà un contributo alla soluzione di un qualche problema, sappiate che queste sono conseguenze di un’altra inesorabile responsabilità che inchioda la nostra vita ogni giorno: vivere il mistero di Cristo e annunziarlo a tutti gli uomini come l’unica possibilità di salvezza, tutto il resto viene dopo: «Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33).

Così sia.

Mons. Luigi Negri, Omelia del Corpus Domini, Concattedrale di Comacchio, 7 giugno 2015
Nell’immagine in evidenza un momento della processione del Corpus Domini a Comacchio, 2015