Nei giorni scorsi, martedì 26 novembre, all’Università Statale di Milano, un gruppo di studenti di sinistra (Studenti indipendenti Statale, Udu, Rebelot, Cambiare Rotta) ha impedito che si svolgesse un convegno dal titolo Accogliere la vita. Storie di libere scelte, organizzato dalla lista Obiettivo Studenti, espressione degli universitari cattolici di Comunione e Liberazione. Urla, bestemmie e atti violenti hanno impedito ai relatori di parlare perché considerati antiabortisti.
Un episodio gravissimo che, tuttavia, è stato ridimensionato, quando non del tutto ignorato, dalla maggior parte dei media. La rivista Tempi ha ricostruito quanto accaduto con l’articolo intitolato «Ciellino aborto mancato». La sinistra impedisce convegno all’università e sul sito di Comunione e Liberazione è stata pubblicata la testimonionza di due studentesse presenti, Università. Per non cedere all’odio
Di fronte a quanto accaduto non si può non ricordare il ruolo importante svolto da Luigi Negri, fin dai tempi in cui non era ancora sacerdote, per difendere la libertà nella scuola. Egli è stato sicuramente tra i principali protagonisti di una battaglia decisiva, combattuta per rendere possibile una presenza cristiana nella scuola e nell’università, contribuendo così a promuovere un vero pluralismo, rispettoso della libertà di tutti. Oggi nuovamente minacciato.
Riportiamo qui di seguito alcuni estratti dell’articolo di Paolo Facciotto, apparso in occasione della morte di mons. Negri, il 4 gennaio 2022, su Rimini 2.0 (In battaglia per la libertà di credere). Essi documentano, a partire della storia del movimento di Comunione e liberazione scritta da mons. Massimo Camisasca, alcuni dei momenti significativi di questo impegno di don Negri.
«“Era stato per anni presidente della commissione cultura di GS e uno dei principali collaboratori di don Giussani nella conduzione del movimento dal 1960 al 1965”, scrive Camisasca (Comunione e Liberazione. Le origini (1954-1968), Cinisello Balsamo 2001, pp. 145 e sgg.). In quegli anni Negri entra nella querelle sorta a proposito delle associazioni studentesche: “erano concepite – scrive Camisasca – come parlamenti in miniatura dove politicamente si affermava il desiderio della sinistra di preparare il mondo giovanile all’incontro tra cattolici e socialcomunisti attorno agli ideali della Resistenza”. Il punto è che tali associazioni “pretendevano di essere l’unico contenitore educativo per i ragazzi”, di qui “la battaglia mossa da GS contro il progetto culturale che, servendosi degli organismi studenteschi, era messo in atto dalle forze laiche e marxiste del paese”. (…)
In quel periodo le cronache ricordano il giovane Luigi Negri, insieme ad altri due giessini, cercare di intervenire al Circolo Turati ad un dibattito presieduto da Paolo Grassi, per portare le ragioni dei cattolici, e cioè “l’idea giessina di educazione come verifica di una tradizione e di democrazia come corresponsabilità di identità chiare e formate”.
Partito unico, da una parte, dall’altra identità e tradizione: sorprendente attualità. Largamente incompresi ed emarginati, i cattolici non stavano con le mani in mano e promuovevano liberi convegni culturali. In uno di questi, il ventunenne Negri relaziona sul tema “Cristianesimo e socialità” e dice: “Il mondo, sia a Est che a Ovest, ha come unica caratteristica la piattezza: la socialità è ovunque avvertita solo come un impoverimento dell’umano. (…) Il cristianesimo come valorizza la responsabilità della persona, così promuove il nascere di una società pluralista, unica condizione di effettiva democraticità: questo pluralismo si deve verificare in particolare nell’educazione e nella possibilità dei giovani di usare del tempo libero. Solo una partecipazione viva e generosa alla comunità ci fa scoprire integralmente la nostra persona e ci muove con passione e dedizione vera verso tutti gli altri. (…) L’unico dovere che incombe alla nostra età è quello di educarci veramente al cristianesimo, come introduzione paziente e solida a tutte le cose, vivendo anzitutto la comunità della Chiesa”.
Una decina di anni più tardi troviamo Negri, appena ordinato sacerdote, scelto nel 1972 come guida di Gioventù Studentesca con il programma “Per un movimento di liberazione nella scuola” e più precisamente “porre un fatto definitivo e globale: la comunione cristiana, matrice di un nuovo sapere”. Ne parla il secondo libro storico di Camisasca (La ripresa (1969-1976), Cinisello Balsamo 2003, capitolo “La battaglia culturale e politica nelle scuole”, pagg. 110 sgg.).
Ancora una volta Negri e i giessini stanno al fronte, in una “battaglia contro il primato dello Stato come soggetto educativo – scrive Camisasca – e contro la pretesa neutralità della scuola di Stato, a cui si accompagnava l’affermazione della neutralità della scienza come sapere oggettivo, valido per tutti”, mentre, su altro versante, “gli extraparlamentari, soprattutto attraverso certa pratica assembleare, avevano ridotto la scuola a un loro feudo, impedendovi di fatto ogni elementare forma di democrazia”.
“La battaglia – insiste ancora Camisasca – che don Negri e gli insegnanti di CL volevano combattere si configurava come difesa della possibilità di vivere la propria identità cristiana nell’ambiente scolastico e, quindi, come difesa della stessa democrazia nella scuola”. (…)
Di lì a poco, dalle intimidazioni e alle minacce si passa alle bombe molotov e alle sprangate, al grido “le sedi di CL si chiudono col fuoco, anche se questo è ancora troppo poco!” (foglio murale comparso il 5 maggio 1975). Scrivono in una lettera a quattro mani don Giussani e don Negri: “Ci sembra ormai possibile parlare di un nuovo totalitarismo ideologico che, se tollera ancora la fede come fatto della coscienza privata, cerca, anche con la violenza, di impedire ogni emergenza pubblica e ogni incidenza politica. Il nome stesso di cristiano, come ha affermato il cardinale Poletti (all’epoca Vicario del Papa, ndr), è spesso contrastato come se fosse colpa sociale”.
E allora – in conclusione – qual era il succo della battaglia che Luigi Negri ha combattuto generosamente fin dagli anni della giovinezza? “Noi non ci sentiamo divisi tra due logiche, quella divina e quella umana: ma sentiamo ogni giorno di più che proprio dalla nostra identità cristiana nasce la capacità di un contributo specifico e costruttivo alla vicenda della società civile”, scriveva da giovane prete sulla Rivista del Clero Italiano, replicando a chi, sulla stessa rivista del clero, aveva accusato CL di voler dilatare la propria presenza, come se ciò rappresentasse un delitto di lesa maestà».
Infine, riportiamo una breve risposta di mons. Luigi Negri al giornalista Giampiero Beltotto che, nel libro intervista La sfida. Un viaggio della fede da Giussani a Ratzinger, gli chiese delle violenze subite dai giovani di CL. Un passaggio sicuramente molto significativo sia per evidenziare la centralità della fede nell’azione di don Negri sia per aiutarci a cogliere il cuore del problema delle vicende attuali.
«In quegli anni, Giussani e lei, come vivevate il fatto di sapere che nelle scuole e nelle università vi erano ragazzi che tutti i giorni correvano il rischio addirittura di essere uccisi?
È stata la grande pena di Giussani e comprensibilmente la mia. Non era soltanto la pena per la gente che poteva farsi male, ma era la condivisione dell’ansia dei genitori Ma noi non potevamo non aiutare i nostri ragazzi nella testimonianza della loro fede. Se non avessero scelto quei rischi, non avrebbero neppure vissuto un’esperienza reale di fede. E dicevo loro: «Ricordatevi che la fede vale più della vita». Formare un popolo cristiano senza che la fede diventi un perno della propria sensibilità è formare un popolo di borghesi. Come ammoniva Georges Bernanos, c’è un abisso tra il borghese che va in Chiesa la domenica e il cristiano che mangia, beve e dorme per il Signore. La sfida fu quella».