Pubblichiamo un estratto del libro Indomabili. Perché certi che Cristo è con noi che raccoglie gli articoli scritti per La Nuova Bussola Quotiana ed è stato pubblicato postumo nel 2022. Si tratta di un articolo del dicembre 2012 sul Natale e sul tema della pace, con riflessioni ancora estremamente attuali perché, al contrario di molti dei giudizi diffusi, spesso anche nel mondo cattolico, invita a guardare il problema a partire dall’esperienza della fede.
Se c’è una cosa evidente in questi momenti è che l’uomo e la società vivono senza pace. La pace è la conoscenza profonda della propria identità nella sua verità. E’ il criterio giusto dei rapporti con le persone, con le cose, è un rapporto costruttivo e responsabile con la realtà e con la società. Cioè la pace è l’esigenza di una pienezza umana, capace di investire la realtà di questa pienezza.
Oggi la pace – che pure è una esigenza fondamentale dello spirito umano – viene giudicata impossibile, è un’utopia, una cosa in cui si è creduto e si è tentato per secoli ma che è sprofondata nella negatività della grande crisi che ha seguito la caduta delle ideologie.
E così siccome non c’è la pace c’è la violenza. La violenza occupa lo stesso posto lasciato libero dalla pace. Lo dice con chiarezza Benedetto XVI nel suo fondamentale messaggio Beati gli operatori di pace per la Giornata mondiale della Pace del 1° gennaio 2013 (pubblicato il giorno 8 dicembre 2012). Violenza che nasce come atteggiamento dell’individuo nei confronti degli altri individui, a tutti i livelli: familiare, sociale, politico. E ci stiamo abituando, nel senso che non fa più neppure notizia, ad esempio, lo stillicidio di omicidi-suicidi che ormai sembrano accompagnarci quasi quotidianamente; la manipolazione della vita a tutti i livelli, nascosta nei modi più subdoli; la violenza sui bambini, sui piccoli; le violenze etniche che scuotono periodicamente zone vaste dell’umanità; l’intolleranza di carattere ideologico religioso che la fa ancora da padrone in molti stati.
La violenza. Invece della pace c’è la violenza. E la violenza avvilisce l’uomo e la società. Avvilisce perché distrugge tutte quelle energie positive che pure l’uomo ha dentro il suo cuore.
Ma è proprio in questa situazione che sembrerebbe desolante e disperata che i cristiani salutano e proclamano la venuta di Cristo nella nostra carne mortale con il più antico e più attuale dei titoli con cui si è riconosciuto: Principe della Pace.
Il Signore è la pace, Cristo è la nostra pace. La pienezza della nostra umanità non si trova come esito del nostro cammino intellettuale e morale, delle nostre manipolazioni tecnologiche-scientifiche: la pace è la presenza di Cristo uomo nuovo, Crocifisso e Risorto, che comunica la pienezza di questa sua pace a coloro che credono. Questa pace viene dunque donata come un dono purissimo, fatto da Cristo al cuore di ogni uomo che crede in Lui.
Non dobbiamo aspettare di costruire la pace, noi dobbiamo incominciare a testimoniarla presente in Cristo, in noi e fra di noi. La pace è infatti una grande proposta di vita che viene rivolta alla nostra responsabilità. Del resto la pace è dono di Dio e responsabilità dell’uomo. Tocca all’uomo vivere l’esistenza di tutti giorni radicato nella certezza che Cristo è pace e sapendo investire di questa certezza tutte le circostanze dell’esistenza: quelle concrete, quotidiane, così come quelle eccezionali.
Allora ogni singolo segmento della nostra vita personale e sociale si colloca in una retta, come diceva don Luigi Giussani: la moralità, cioè la costruttività storica di un uomo non è una retta ma una serie di segmenti che poi il Signore fa convergere in una retta.
Noi abbiamo la responsabilità oggi più che mai di dire alto e forte che la pace non solo è possibile, ma è reale. E questa pace reale, che è Cristo, coinvolge la nostra esistenza e la fa camminare giorno dopo giorno verso la pienezza in Cristo della nostra umanità. Per questo, al di sotto di tutte le differenze, di tutte le fatiche, di tutte le lacerazioni che pure noi conosciamo e che combattiamo insieme a tutti i nostri fratelli uomini, al fondo di tutto il disagio che si può percepire nella vita di ogni giorno, sta una incrollabile letizia. Una letizia perché la nostra vita, appartenendo a Cristo e a Dio, raggiungerà senz’altro il massimo della sua pienezza umana.
Ci sostiene la grande certezza dell’antico salmista: «Il mio cuore è lieto perché Dio vive».