I sentieri della Provvidenza

In occasione della ricorrenza dei vent’anni della sua ordinazione episcopale, pubblichiamo il video e la trascrizione dell’intervento di mons. Luigi Negri a conclusione della cerimonia (7 maggio 2005 – DUOMO di Milano).



I sentieri lungo i quali la Provvidenza mi ha condotto fino all’ora di oggi. Sono nato in una famiglia umile, ma piena di dignità cristiana per la quale e nella quale sono stato introdotto alla grande tradizione della Chiesa di Ambrogio, di Carlo. Tradizione di verità, di carità e di libertà che vibrava nella testimonianza dei miei genitori e nella grande esperienza ecclesiale della mia parrocchia di origine, la parrocchia di Sant’Andrea, guidata da un da un autentico santo, monsignor Luigi Pessina. Il popolo di Sant’Andrea, di cui io sono l’ultimo, lo ha riconosciuto, già vivente, come un santo di singolare santità che da allora lo venera ogni giorno per il grande patrimonio di fede e di carità che ha diffuso fra coloro che, nel suo lungo ministero, lo hanno accostato.

E poi non la tappa, non una tappa, ma il grande incontro della mia vita, quello con monsignor Giussani e il suo carisma cattolico. Amicizia totale, indicibile, dalla quale tutta la mia vita è risultata trasformata. Che immensa dilatazione dell’intelligenza e del cuore, fin dai primi giorni! Che tensione a dare volto alla Chiesa nella vita degli uomini, cominciando proprio là dove sembrava che la vita della Chiesa si fosse ritirata o fosse quantomeno gravemente contestata, come nelle scuole e nelle università. Un umanesimo integrale, pieno, generato dalla fede e dalla carità e teso inesorabilmente alla missione. Questo ha formato il mio cuore. Grazie don Gius! Mi sei stato maestro e padre e la tua amicizia non è finita. Si è soltanto rigorosamente e infinitamente trasformata. Nessuno ho sentito accanto a me in questi mesi più di te, don Giussani!

E poi la grande tappa dell’Università Cattolica che non possono non ricordare e quella straordinaria esperienza di ricerca intellettuale e di forza di amicizia segnata da grandi nomi: dal grande e indimenticato maestro, Gustavo Bontadini, a Sofia Vanni Rovighi e, per un tratto breve ma intenso di strada, Emanuele Severino e poi Mario Apollonio, Albino Garzetti, Cinzio Violante.

E poi la tappa del seminario, della rigorosa ma umanissima formazione che ho ricevuto nei nostri seminari diocesani, con la cara e indimenticabile figura di monsignor Bernardo Citterio, di monsignor Galbiati, di monsignor Guzzetti, con il magistero di don Giovanni Moioli, di don Pino Colombo e, allora di un giovane docente di teologia morale, don Dionigi Tettamanzi.

E poi la tappa del mio lungo servizio presbiteriale. Origene, grande cristiano, diceva: «Vorrei vivere in media ecclesia, in mezzo alla Chiesa». Io sono vissuto proprio in mezzo alla Chiesa, in mezzo a voi e voi mi avete visto vivere e crescere con voi e invecchiare prima di voi. Ai primi, che ho incontrato nelle scuole, ho benedetto le nozze, ho battezzato i figli e, poi, ho benedetto le nozze dei figli e ho battezzato i figli dei figli. Sono stato…, come mi diceva uno di voi qualche anno fa, «tu sei per noi come il nostro parroco».

E poi, dentro questo ministero, la grande stagione della scuola e dell’educazione, la rinascita vigorosa e impetuosa del movimento degli studenti, la nascita di tanta realtà dei professori, degli insegnanti e poi la grande lotta nella società per una più giusta impostazione della questione scolastica ed educativa.

E poi negli ultimi dieci anni una nuova riconcentrazione sulla ricerca e sull’insegnamento e poi, come mi diceva una volta Giussani, «questo battere indefesso l’Italia da parte tua per insegnare a tanti la bellezza della cultura che nasce dalla fede, la grandezza dell’insegnamento magisteriale e per dare a questo popolo, talora espropriato della sua stessa coscienza, della sua identità, le linee per una comprensione realistica della storia della Chiesa».

E tutto questo, lasciatemi concludere così, nella grande esperienza bellissima sul piano dell’intelligenza e dell’affetto che è stato l’incontro con Giovanni Paolo II e con la sua testimonianza. Questo grande Papa, come mi confidava in una sua commovente lettera monsignor Stanisław Dziwisz, ha dato una grande testimonianza di fede in Dio e di fedeltà all’uomo. Grazie Giovanni Paolo II! Non potremmo mai dimenticare che tu ci hai insegnato che dalla fede vissuta nasce l’umanità vera e questa umanità vera si declina come inesorabile servizio al bene di tutti, alla libertà di tutti, credenti e non credenti, perché si possa in qualche modo costruire sulla terra, dentro la storia, non fuori dalla storia, ma dentro la storia, la civiltà della verità e dell’amore.

Ma ora, Duc in Altum!, come ci disse nello straordinario documento Novo millennio ineunte, immediatamente dopo il grande Giubileo. Duc in Altum! Vado a questa Chiesa, antica e nobilissima, quella di San Marino-Montefeltro. Mi viene incontro quella straordinaria esperienza di libertà umana, culturale, civile e sociale che caratterizza in modo unico l’esperienza della Repubblica di San Marino nella storia dell’intero occidente. E mi viene incontro la fede umile e laboriosa delle genti del Montefeltro. Nelle loro parrocchie, nelle loro famiglie, nelle loro strutture sociali la fede è diventata cultura della vita. L’eroico, lì sì, da secoli, è diventato quotidiano perché il quotidiano potesse diventare eroico. Duc in altum! Dietro e sotto la guida di Benedetto XVI, Papa che lo Spirito ha provvidenzialmente offerto alla Chiesa in questo momento così grave di passaggio verso nuovi tempi e nuove forme di presenza. Amico carissimo per la comune idealità ecclesiale e per l’identica formazione intellettuale.

Ringrazio tutti i presenti che siete venuti così numerosi ad attestarmi un’affezione che io non merito. Ringrazio tutti coloro che in questi tempi si sono fatti presenti a me con messaggi, con lettere, quelli che avrebbero voluto essere qui, ma non hanno potuto. Non posso citarli tutti, ma non posso esimermi dal ricordarli per la grande amicizia che sollevano dentro il mio cuore: Sua Eminenza il cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna; Sua Eminenza il cardinal Crescenzio Sepe, prefetto della congregazione dei popoli; Sua Eminenza il cardinal Angelo Scola, patriarca di Venezia, amico di una vita; Sua Eminenza il cardinale Péter Erdő, primate di Ungheria; Sua Eminenza il cardinale Miloslav Vlk, primate di Praga; e poi Sua Eccellenza monsignor Martin, arcivescovo di Dublino (a questa nazione sono particolarmente legato non soltanto per l’ammirazione che ho sempre avuto, ma perché la pubblicazione della mia nomina è stata fatta il giorno 17 marzo che è il giorno di san Patrizio); e poi monsignor Martinez, arcivescovo di Granada in Spagna. Grazie a tutti.

Non possono non ricordare, con particolarissima gratitudine, personalità dalle quali ho ricevuto moltissimo. Non sarei quello che sono, se non avessi avuto, sulla scia di questa grande storia, l’amicizia di monsignor Massimo Camisasca e l’amicizia dei miei confratelli della fraternità Schuster. A tutti la mia gratitudine.

Lasciatemi dire, quasi difeso dallo stemma del grande cardinale Alojzije Stepinac, martire della Chiesa di Zagabria, che ho scelto come mio stemma, perché l’unica nobiltà della Chiesa è la nobiltà della testimonianza e del martirio, e con le parole del grande cardinale di Milano, il beato cardinal Ferrari, di cui ho preso il motto: «Tu fortitudo mea»; «Tu, o Signore, unico affetto nella mia vita, unico oggetto dei miei pensieri, unica tensione della mia esistenza, sii Tu la mia forza». Per la Chiesa di San Marino Montefeltro, per la guida che darò e che sarà certamente ispirata a un inesorabile servizio alla verità, un grande amore e una grande carità, veritas et amor era il motto del cardinale Giovanni Colombo, che mi ha accolto in seminario e che mi ha ordinato prete e la cui presenza è anch’essa indimenticabilmente fissata nel mio cuore e nella mia coscienza. Tu fortitudo mea, rendi Tu, che sei forte, forte la mia debolezza e mandami agli uomini, non solo a quelli di San Marino a Montefeltro, ma a tutti gli uomini, come annunziatore di verità, di libertà e di pace, unica possibilità di autentica liberazione per l’uomo di ogni tempo e più che mai di questo tempo.

E così sia.


Luigi Negri, Ordinazione episcopale, 7 maggio 2005, Duomo di Milano