Lo splendore di un incontro

Pubblichiamo in versione video e in versione podcast un breve estratto di una lezione tenuta da don Luigi Negri durante una vacanza estiva di un gruppo di Comunione e Liberazione (Madonna di Campiglio 2004). Di seguito la trascrizione.




Nella vita cristiana ogni fatto è un evento. Un evento vuol dire l’irruzione nel particolare della carne, del sangue, del tempo, delle circostanze, dell’Avvenimento del mistero di Dio che è Gesù Cristo. Allora, non si possono fare queste cose come in fotocopia. Ogni momento è quel momento. Non posso non dire introduttivamente come una confessione profonda, quasi intima, che cosa significa per me oggi questo momento. Noi abbiamo vissuto per cinque o sei anni a Madonna di Campiglio le vacanze della prima GS. Sono state le prime montagne che io ho visto perché ero figlio di una famiglia del popolo che non era mai andata in vacanza e non vi andò per altro, neanche per tanti anni dopo.

Mentre salivo sulla strada non facile che lega la pianura da Brescia alle montagne, che è rimasta quella che era 50 anni fa, segno che le questioni sociali non si sono molto evolute nel nostro Paese, dicevo, nel 1960-61 avevo 19 anni: che cosa lega il momento di oggi a quegli inizi? Lo splendore di un incontro. Lo splendore di un incontro. Paragonavamo sempre il sole di quelle belle giornate di sole a quello che vivevamo fra noi e ci dicevamo che il sole era una profezia di quello, perché il sole più vero era quello che stavamo vivendo, il sole dell’irruzione, dell’avvenimento di Cristo che porta la luce nella vita. La luce vuol dire che fa emergere il senso profondo della vita e lo fa emergere come una cosa per te, come una possibilità per te, come un cammino per te. «Io sono la via, la verità e la vita»: lo splendore di un incontro che ti riempie di gratitudine e di volontà di comprendere.

In queste in queste zone scoprimmo tantissimi anni fa la grande frase di Laurentius eremita: «E allora io pensai che forse tutta la vita sarebbe passata nel desiderio di comprendere quello che è accaduto e il tuo ricordo mi riempie di silenzio». Un avvenimento che deve essere compreso, ma non fuori dalla vita, compreso nel fermento dell’esistenza, perché questa è la luce che illumina la vita e perciò ti accompagna nella vita. Illumina il tuo temperamento che può un essere felice oppure no, le circostanze, le grandezze, le povertà; illumina anche i peccati che perdona infatti. Il desiderio di verificare l’incontro fatto e di comprenderlo sempre di più: questo è il filo conduttore che lega per me il 1960-61 a Campiglio oggi.

Lo splendore di un incontro verificato nella vita di ogni giorno, nel suo alternarsi, come dice la Santa Chiesa di Dio quando sono in ballo quelli che nella Chiesa hanno la vocazione più straordinaria, ma più difficile, il matrimonio, nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, nella gioia e nel dolore; verificato nella vita e con un desiderio di approfondirlo sempre di più perché infinitamente si penetra ed infinitamente si può penetrare perché il mistero del Signore, il mistero di Dio che si fa carne e diventa il Salvatore dell’uomo, è la cosa più profonda nella quale si può passare tutta la vita semplicemente come introduzione a quella visione beatifica, come dicevano San Tommaso e Dante, che è il possesso compiuto del mistero: interminabilis vitae tota simul et perfecta possessio. Il possesso totale e assoluto di Dio nella comunione eterna con Lui.

Ma questo avviene perché c’è una compagnia. Cristo non lo si può studiare come il contenuto di una pur grande teologia, meno che mai, come hanno fatto negli ultimi decenni anche i cattolici, ridurlo a spunto per un sentimento psicologico, per una psicologia. Oppure ridurlo all’oggetto della propria analisi linguistica esegetica. Cristo cresce con te, cresce in te e con te, nella compagnia. Per questo la fedeltà della compagnia a noi è la cosa più grande della vita. La fedeltà della compagnia, della comunità, come ci ha ricordato don Giussani agli esercizi della Fraternità, questa fedeltà assoluta, inconcussa, che non viene meno, che non cede, è semplicemente il riverbero di ciò che è la comunità della Chiesa nel mondo, il popolo che è nato dalla risurrezione e perciò porta con sé l’eternità della risurrezione. Perché la Chiesa è la risurrezione. di Cristo nella storia, la presenza della risurrezione di Cristo nella storia e il dispiegarsi del suo potere.

Non posso fare questo pezzetto di lavoro che ho fatto per altre comunità in questi mesi, non posso farlo prescindendo da questa memoria. Che cosa è stato Madonna di Campiglio nella mia vita, nella vita della nostra comunità? Il momento dell’inizio, ma è un momento dell’inizio che è diventato maturità perché abbiamo amato capire quello che c’era accaduto. Capire, ma capire nella vita. Si capisce solo ciò che si vive. Capire ciò che si era incontrato, questo sole, sol invictus. Così i primi cristiani, le prime comunità cristiane anche iconograficamente descrivevano il Signore. Sol invictus, il sole vittorioso, che vinceva. Adesso se ci fosse qualche immagine di Cristo come sol invictus lo cambierebbero con il sol dialogicus, il sole del dialogo. Sole vittorioso. Una volontà di capire dentro la vita in quella cosa grandiosa che è la compagnia che non ti lascia. «Se tuo padre e tua madre ti abbandonassero, io non ti abbandonerò mai». E quanti fra noi? Non tanti, ma alcuni fra noi potrebbero sottoscrivere, con la loro esperienza personale, questo.


Nell’immagine in evidenza, don Luigi Negri celebra la Santa Messa in montagna, durante una vacanza estiva di un gruppo di Comunione e Liberazione