Il Natale è l’inizio della redenzione

Immagine che riproduce il dipinto di Giorgione, Adorazione dei pastori, conservato alla National Gallery of Art,, Washington, D. C (Pubblico dominio)
Mons. Luigi Negri, Pontificale Santa Messa di Natale, 25 dicembre 2015 – Ferrara

Sia lodato Gesù Cristo!

Il senso più profondo del Natale, che si è svolto nella triplice celebrazione liturgica, raggiunge in questa messa la sua profondità.

Che cos’è il Natale nella nostra vita oggi?

Cos’è stato il Natale nella vita delle generazioni che ci hanno preceduto?

Come Dio ci aveva mirabilmente creati ci ha in modo più mirabile ricreati, rigenerandoci nella profondità della nostra esistenza, facendoci una sola cosa con Lui, definitivamente presente nella storia degli uomini nel mistero del Verbo di Dio incarnato: Gesù Cristo, Figlio della Vergine Maria, «che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola», dice la Prima Lettera agli Ebrei.

La salvezza è la presenza di Cristo che coinvolge la nostra esistenza e le propone un sentiero nuovo: il sentiero della vita. Egli è la via e la vita, è la luce del mondo.

Solo Gesù Cristo ci fa comprendere il senso profondo della nostra esistenza e illumina il nostro vivere di una luce che nessuno potrà mai esprimere: questa è la certezza del Natale.

Il Natale è l’inizio della redenzione perché è il mistero del Verbo di Dio che si fa carne nella nostra vita terrena, sostenuto dalla fede, dall’amore e dalla incondizionata adesione della Vergine Maria.

Si sorprende la fede negli occhi di Maria e di Giuseppe, la si sorprende negli occhi dei pastori, perché hanno vissuto la vita guardando quel bambino. Non hanno affrontato i problemi della loro esistenza, i più piccoli come i più grandi, i più lieti come i più drammatici, guardando solo se stessi. La fede consiste nel fatto che l’uomo non guarda più solo sé stesso, perché imponente e innegabile si pone di fronte a lui questo atto: «lo sono la via, la verità e la vita».

È questa la grande strada della fede: impedirci di vivere soli, chiusi in noi stessi, avendo come unico criterio quello che pensiamo, la nostra ragione naturale, il nostro orgoglio, la nostra capacità di realizzare, la nostra capacità di sentirci buoni o meno buoni. La fede è una compagnia, è la compagnia con il Figlio di Dio fatto carne che costituisce il nostro io più profondo, perché guardando Lui e servendo Lui ci viene rivelata la nostra vita vera e noi partecipiamo sempre più profondamente di questa novità di vita. Certo, davanti a noi, come davanti agli uomini di duemila anni fa, come davanti agli uomini di ogni generazione, il Verbo di Dio si offre debole e senza nessuna apparente potenza. Accetta di essere giudicato dalla nostra libertà, seguito da alcuni e rifiutato dai più:

Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati (Gv 1, 11-13).

Questo è il Natale: l’ingresso di Cristo nella nostra vita e l’ingresso della nostra vita nella vita di Cristo. Diceva San Tommaso d’Aquino che la fede è la virtù della reciprocità: come Dio ci ama, noi possiamo amarlo; come Dio ci incontra, noi possiamo incontrarlo; come la Madonna Santissima non ha affrontato nessun problema della sua vita senza guardare innanzitutto il Verbo di Dio, che ha portato nel suo seno per nove mesi e lo ha servito nelle stagioni della sua vita fino all’ultima terribile stagione della sua morte in croce e, lì, ritta davanti alla croce, raccoglieva tutta la fede del mondo e tutta la carità del mondo e tutta la capacità del mondo di amare finalmente Dio. Questo è il Natale!

Lasciatemi dire, allora, una preoccupazione che è costante e che aumenta man mano che il tempo passa: noi siamo di fronte – nella Chiesa di Dio – a una delle ritornanti tentazioni che è quella di eliminare la originalità di Cristo, la sua unicità, il suo non poter essere ridotto alla carne, al sangue e alla mentalità umana. Siamo di fronte ad una terribile eresia cristologica, che riguarda la natura di Cristo, che si sta diffondendo sostenuta dagli enormi apparati culturali ed economici: Cristo è lo spunto per le nostre pratiche di pietà, per i nostri impegni spirituali. Tutto passa dall’incontro con Cristo alla nostra particolare spiritualità o a quello che noi ci sentiamo capaci di fare per Cristo, come se di fronte a Dio, l’uomo potesse dire: “ho fatto questo di bene per te”. Un’altra, non minore tentazione, è quella di prendere spunto da questo Cristo, che rimane sullo sfondo della vita e della coscienza, per far posto ai nostri progetti, ai progetti che ci sono dettati dall’analisi e dalla diagnosi delle vicende umane e storiche, i quali così come si pongono si impongono. Progetti che assumono sempre più una connotazione di carattere sociale piuttosto che caritativa. Cristo viene stemperato nella sua originalità, ridotto, decurtato di tutta la potenza della sua divinità e diviene qualche cosa che può essere compreso da noi e, addirittura, manipolato da noi. Questo è il tradimento che si profila ancora una volta, terribile, nell’orizzonte della vita e della coscienza della Chiesa, ovvero ridurre Cristo alla nostra misura, renderlo spunto per quello che ci sentiamo capaci di fare, o per rispondere ai bisogni degli uomini.

Chiediamo al Signore e alla Madre sua e della Chiesa, la Vergine Maria, che la Chiesa sappia superare questo tentativo rinnovato, terribile, per certi aspetti più terribile di quelli del passato, di ridurre Cristo a un messaggio, allo spunto per una serie di interventi politici e sociali.

Ritroviamo, fratelli e sorelle, la sfida che quotidianamente Cristo rivolge alla nostra libertà: o con Lui o contro di Lui. Cristo non può essere ridotto ad un aspetto culturale, sociale, spirituale su cui la nostra mentalità pretende di dare un ultimo giudizio.

 Amate la Chiesa che vi fa incontrare Cristo nella sua oggettività storica come una presenza viva nella vostra vita. Seguite la Chiesa che vi fa affrontare l’esistenza aiutandovi a guardare alla sua presenza che illumina l’esistenza e rivela fino in fondo la nostra verità. Sappiate amare la Chiesa che, sola, vi ha annunziato Cristo, ve lo ha fatto incontrare e vi accompagna lungo la strada della progressiva immedesimazione con Lui che ci rende, fin d’ora, partecipi, giorno dopo giorno, della novità della sua vita crocifissa e risorta.

E sappiate che c’è un solo modo di vivere realmente la fede in Cristo, nella fede della Chiesa e per la fede della Chiesa, ed è quello di obbedire a coloro che lo Spirito ha scelto come guide della sua Santa Chiesa.

Così sia.


Nell’immagine in evidenza, Giorgione, Adorazione dei pastori, National Gallery of Art, Washington (Pubblico dominio)