di don Nicola Bux*
A TRE ANNI DAL PIO TRANSITO DI MONS.LUIGI NEGRI
Si afferma spesso che la Chiesa è popolo di Dio, ma si dimentica che non è una massa informe, bensì un corpo ‘gerarchicamente ordinato’ con a capo Gesù Cristo nel quale siamo uno: questo rende la Chiesa comunione indissolubile sulla base di una comune dignità (cfr 1 Pt 2,5 e 9). Tutti i cristiani sono rivestiti di un carisma spirituale e soprannaturale che li rende partecipi del popolo regale, sacerdotale e profetico che è la Chiesa. La teologia dei carismi e dei ministeri, prende forma nel quadro della comunione ecclesiale, fatta a immagine del corpo di Cristo. Ora, se la sacra potestà del papa e dei vescovi, non è assoluta, né ereditaria, tantomeno il carisma dei fondatori dei movimenti monastici, religiosi ed ecclesiali e dei loro successori. Don Luigi Negri aveva chiaro tutto questo, quando condivideva con don Giussani la responsabilità del movimento negli anni ’70; allora, grazie alla nostra amicizia nelle Puglie, favorimmo il suo incontro con mons. Giuseppe Lanave, vescovo di Andria, che vedeva in Cl il rinnovarsi di quella Azione Cattolica giovanile di cui era stato assistente nazionale, allora ridotta a scarsa ‘azione’ e niente ‘cattolica’. Ci fu immediata sintonia tra i due. Negri, che allora era responsabile di CL Educatori, tenne proprio ad Andria il 25 aprile del 1974, presente il Vescovo, il primo raduno regionale. Egli era immedesimato nel carisma di Giussani, cosa che lo rendeva originale e chiaro, mai ripetitore.
Don Luigi sapeva che il carisma del fondatore di un movimento, alla sua morte, viene ereditato da ciascun membro dello stesso. È pertanto legittimo che secondo i temperamenti e gli accenti, possano sorgere variegate ‘manifestazioni dello Spirito’, come è avvenuto per il francescanesimo e altri ordini religiosi. Nessuno infatti può appropriarsi della Regola di san Benedetto o di san Francesco, perché nessuno è padrone o ha l’esclusiva del carisma. Don Giussani stesso, invitava a fare Scuola di Comunità con libertà, in rapporto alla guida, specialmente se capitava che questa “potesse provocare l’orticaria!”. Negri ha conservato anche da vescovo questa comprensione del carisma, che, se assecondata, avrebbe evitato inutili contrapposizioni e dolorose rotture, causate dal protagonismo di taluni.
Giussani insisteva sul fatto che il movimento di Cl era analogico all’istituzione ecclesiastica, ma non uguale, quindi non si poteva imporre obbedienza all’autorità carismatica del movimento allo stesso modo di quella istituzionale. Del resto, nella Chiesa e tanto più nelle associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali deve essere esclusa ogni prerogativa di comando, perché Gesù non vuole che i suoi assomiglino ai capi delle nazioni (Mc 10,42-43). Chi, poi, si trovasse ad avere un compito ministeriale o un carisma, sappia che esso finisce con la sua morte; resta l’attrattiva più o meno grande che ha esercitato, non a se stesso ma alla sequela di Cristo nella Chiesa: le sue virtù, specie se riconosciute dalla Chiesa come eroiche, diventano ‘esempio, merito e intercessione’, e servono unicamente per arrivare prima a Gesù Cristo. In questo senso, il carisma vive nel popolo e l’autorità è al servizio della conservazione del carisma. I capi non si possono canonizzare da vivi, pena lo scadere nel culto della personalità. Se v’è stata fama di santità sarà accertato, altrimenti trasformerà quel popolo, o movimento, o ordine religioso in strumento ideologico.
La baldanza di mons. Negri, talora incline all’impulsività, può avergli fatto commettere imprudenze, ma l’intenzione era retta: il bene della comunione ecclesiale quale soggetto della liberazione dell’uomo. Egli sapeva e sperimentava che tutto questo alberga in ‘vasi di creta’, come dichiara il suo motto Tu fortitudo mea. Tutto posso in colui che mi dà la forza.
Nel 1981 egli fu tra i promotori del primo convegno internazionale dei movimenti ecclesiali a Castelgandolfo, che culminò nella omelia in cui Giovanni Paolo II affermava che la Chiesa è in certo senso movimento dello Spirito. Ero tra i presenti. Il termine ecclesia infatti – Chiesa – significa convocazione da ogni parte, cosa che implica movimento. Quale sintonia avesse Negri con Giovanni Paolo II, lo provano i grandi convegni sul magistero pontificio da lui promossi, con lo scopo di fare quasi da retroterra culturale a quel grande papa. Resta il rammarico della mancata valorizzazione, da parte di chi in modo miope, tenta di cancellarne la memoria e marcare la discontinuità.
I carismi dei movimenti sono finalizzati all’evangelizzazione, come insegnava san Giovanni Paolo II, e questo li differenzia dai movimenti popolari socio-politici, che badano ad un messianismo terreno. I pastori hanno l’onere del discernimento, che è l’unione del retto pensiero e della virtuosa intenzione: è pure un carisma legato al ministero (se un sacerdote non ce l’ha, non deve essere ordinato vescovo). Se gli ordini religiosi e i movimenti laicali entrano in crisi e si dividono, dipende in buona parte dal mancato esercizio del discernimento dei pastori sulla dottrina e sulla disciplina. L’unico requisito del carisma, ancor più se associato a un ministero, è di rendere testimonianza integrale a Cristo in ogni ambito dell’esistenza umana, affermando ogni giorno, come Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.
Il ‘seme’ messo a dimora da mons. Luigi Negri nel movimento e nella Chiesa aiuterebbe certamente Comunione e liberazione, come pure alla Chiesa italiana, a vivere l’unità e lo slancio missionario.
* Ordinato sacerdote nel 1975, è stato professore di liturgia orientale presso l’Istituto di Teologia ecumenico-patristica “San Nicola” di Bari. Stretto collaboratore di Benedetto XVI, durante il suo pontificato è stato consultore della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, della Congregazione per la Dottrina della Fede, della Congregazione per le cause dei santi e dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice.