Omelia della Santa Pasqua – Concattedrale di Comacchio – 27 marzo 2016
Sia lodato Gesù Cristo!
Ancora una volta la Chiesa fa irrompere dentro la nostra coscienza e il nostro cuore la grande e pacificante parola: «Dio in Cristo ha vinto la morte; Dio in Cristo ha vinto il male».
Dio ha vinto il male in un uomo, ossia nella vita, nella passione, nella morte e nella risurrezione del Signore Gesù Cristo. Non ha scatenato contro il male di allora due o tre delle sue legioni di angeli che aveva a disposizione e che, nel giro di un attimo, avrebbero distrutto il male. Non si è servito di grandi cataclismi naturali che molte volte, nel corso della storia, hanno cancellato intere civiltà. Tutta la potenza e la grandezza di Dio si sono concentrate sulla vita di un uomo apparentemente come qualsiasi altro, anche se segni della sua eccezionalità si erano già visti lungo i tre anni di quella missione di cui la morte e la risurrezione sono stati poi il compimento.
Come ho detto nel messaggio che ho rivolto alla Diocesi qualche giorno prima di Pasqua, non possiamo non dire che questa parola sembra lontana da noi. Noi siamo travolti dal male, un male potentissimo e pervasivo che tocca l’intelligenza e il cuore, dotato di straordinari mezzi di potere. È un male che segna di morte la vita delle persone, delle famiglie, dei popoli, delle nazioni.
La vita della nostra società sembra essere il trionfo della morte, come ad esempio la morte di un ragazzo massacrato da altri due ragazzi che, avendo avuto tutto dalla vita, volevano riservarsi il desiderio di vedere cosa si prova quando si ammazza un essere umano. Penso alla morte di centinaia e centinaia di bambini massacrati come se fossero combattenti, penso anche alla strage di Bruxelles.
Il male è questo, e non solo. Il male esprime il massimo del suo potere perché sembra che noi ci abituiamo, e segna le nostre esistenze di un dolore, fratelli miei, che qualche volta sembra insostenibile.
Ma noi non possiamo dire che questa è la verità delle cose e del mondo, perché la verità delle cose e del mondo è Cristo, morto e risorto; e in Lui, nella sua morte e risurrezione, il male è stato sconfitto, e la conseguenza più grande è che la morte non serve più per affermare il potere del nulla sull’uomo ma solo per far passare da questa vita alla vita eterna.
È una cosa impegnativa da credere. Nelle generazioni passate era meno difficile. Era meno difficile perché il contesto sembrava facilitare l’incontro con la fede; oggi, invece, viviamo in un mondo che ha detto di no a Cristo, ha fatto apostasia da Cristo, come più volte ha richiamato Benedetto XVI. Avendo fatto però apostasia da Cristo finisce per fare apostasia da sé stesso. È una società di gente che non sa perché vive, non sa perché nasce, non sa dove va, non sa il senso del vivere quotidiano.
Ecco allora, fratelli e sorelle, la risurrezione è Cristo che continua la sua missione in noi e lo fa dopo aver vinto sul male. Con Lui siamo stati chiamati ad essere protagonisti della sua risurrezione e nella Chiesa, luogo dove Egli è presente, diventiamo testimoni della vittoria di Dio sul mondo.
La nostra fede è la vittoria di Dio sul mondo. In questo santissimo giorno della Pasqua abbracciamo il Signore, perché Lui ci abbraccia e ci fa diventare persone nuove. In questo abbraccio noi riceviamo da Lui questa novità di vita che già abbiamo ricevuto misteriosamente ma realmente nel nostro battesimo. Si tratta di stare di fronte al male scegliendo e preferendo di riconoscere Cristo anziché piegare le ginocchia di fronte al male stesso.
Al male, nonostante i bombardamenti dei mezzi della comunicazione sociale, non ci si inchina, non lo si serve; si può averne paura ma non si può far diventare la paura la ragione della vita.
Il male non lo si deve servire mai, ma non si può sperare che la forza contro il male siano le bombe. Il male non si serve e non si bombarda, ma lo si vince nella serena e limpida testimonianza di cristiani che mangiano e bevono, vegliano e dormono, vivono e muoiono nella loro vita quotidiana per affermare che il Signore è veramente risorto, ha vinto il male in noi, e attraverso di noi vince il male del mondo.
È questa la parola piena di novità, impegnativa, che consegna ciascuno di noi alla propria responsabilità. Nella veglia di questa notte, ad un certo punto, la liturgia ci ha fatto dire: «Concedi a questo popolo di vivere dignitosamente la vocazione a cui lo hai chiamato». Ecco, lo ripeto, a me e a ciascuno di voi. Chiediamo al Signore, per intercessione di Maria, di saper vivere con dignità questa vita nuova che Lui ci ha comunicato. Così sia.
Saluti finali
Ringraziamo il Signore, fratelli e sorelle, di questo momento così intenso e vero che ci ha dato di vivere, ovvero questo ritrovarLo Signore della nostra vita, questo accettare di essere abbracciati da Lui, come ci ha ricordato più volte Papa Francesco in questi giorni.
Dobbiamo desiderare di essere abbracciati da Lui perché questo abbraccio non si sciolga più e perché, dopo questo abbraccio, la nostra vita sia veramente lieta, e non perché non ci siano i problemi, le difficoltà, le tensioni o il male attorno a noi, e qualche volta anche dentro di noi, ma perché Dio vive in noi e accanto a noi.
Questa sua Presenza non è la cancellazione meccanica del male, ma una grande e quotidiana testimonianza che la fede è più grande del male e, attraverso la testimonianza della fede, noi diventiamo propagatori nel mondo della vita nuova di Dio.
Sappiate farvi abbracciare, soprattutto in questi giorni, dalla presenza del Signore risorto in modo che nasca dentro il vostro cuore un sentimento nuovo di voi stessi e degli altri. Cercate di vivere questi giorni con benevolenza. È così difficili essere benevoli verso sé stessi e verso gli altri in un mondo che brucia e consuma tutto e vuole dominare tutto.
Riscoprite la benevolenza nei confronti dei vostri bambini che hanno così tanto bisogno di essere realmente accolti, nei confronti dei malati, nei confronti degli anziani che portano singolarmente l’immagine del volto del Signore.
Siate lieti perché Dio vive e questa letizia, che cambia la nostra esistenza, portiamola dentro il nostro cuore in modo tale che diventi il nostro compito nel mondo: «Mi sarete testimoni fino agli estremi confini del mondo». La Pasqua prosegue nella missione della Chiesa.